FORME COSTRUTTIVE


Gli archi si possono distinguere in relazione alla forma, alla sezione ed ai materiali da utilizzare.

Un arco si può paragonare ad una molla che messa in tensione dalla corda, trasferisce poi sulla freccia l’energia cinetica accumulata. Maggiore è la tensione della corda, maggiore sarà energia cinetica da trasferire sulla freccia. Per ottenere una maggiore tensione si può pertanto aumentare la tensione della corda. Questa tensione però non è illimitata, ma è in funzione della lunghezza delle braccia dell’arciere o del suo stile di tiro ed in funzione della capacità dei materiali di costruzione di flettenti entro una data misura. La lunghezza delle braccia dell’arciere o il suo stile di tiro determinano il cosiddetto allungo che gli consente di tendere l’arco entro un certo limite. Questo limite, nonostante le innumerevoli diversità individuali, oscilla generalmente in soggetti adulti tra i 24” ed i 30” (61 - 76 cm) e convenzionalmente, nella produzione degli archi industriali, viene preso come media un allungo standar di 28” (71 cm circa). La capacità di flessione dei materiali invece varia principalmente in relazione alla lunghezza ed al loro spessore. Facendo un esempio, un assicella di legno di fletterà maggiormente tanto è più lunga o meno spessa, mentre la forza necessaria a fletterla sarà maggiore tanto essa è più corta o più spessa. Sono state quindi elaborate nel corso del tempo diverse soluzioni e diverse tipologie di archi.



ARCHI DIRITTI

Questi archi quando non sono incordati, hanno un andamento retto da una estremità all’altra. Incordati assumono un unico raggio di curvatura. Generalmente sono piuttosto lunghi e costruiti con un solo materiale e perciò chiamati anche archi semplici, o self bow. In media la lunghezza degli archi diritti corrisponde circa all’altezza dell’arciere, poiché questa a sua volta è circa il doppio dell’allungo. Essendo costruiti con un solo materiale, questi archi per potersi flettere fino al massimo allungo senza rompersi, devono essere piuttosto lunghi. Di qui il nome inglese di longbow che significa appunto arco lungo.

E’ infatti evidente che gli archi corti per evitare di rompersi dovranno essere tesi in misura inferiore, immagazzinando perciò minore energia con conseguente minore velocità d’uscita della freccia.


Migliorare le prestazioni: curvatura dei flettenti con vapore e l’aiuto di una dima.


ARCHI RICURVI


Questi archi, generalmente più corti di quelli diritti, hanno invece delle controcurvature sia ad arco scarico che ad arco carico, che consentono loro di immagazzinare maggiore energia in funzione della maggiore sollecitazione alla quale sono sottoposti i flettenti. Inoltre gli agganci tra corda e le estremità dei flettenti presentano un angolo di incidenza più basso rispetto a quello dell’arco diritto, con delle leve conseguentemente più vantaggiose. In questo modo il minore allungo necessario per evitare la rottura dell’arco più corto, sarà compensato dai flettenti, che maggiormente sollecitati, restituiranno elasticamente maggiore energia. Ma questi archi, possono anche coniugare ridotte dimensioni con superiori prestazioni utilizzando più materiali. Si hanno così gli archi compositi, cioè assemblano più materiali che accoppiati fra loro sviluppano capacità di resistenza meccanica nettamente superiori al solo legno.


LUNGHEZZA


Un fattore importante nella costruzione di un arco di legno è la sua lunghezza. Tale fattore però oltre ad essere fondamentale ai fini della corretta sollecitazione del materiale, influenza anche la velocità di uscita della freccia. L’impulso che riceve la freccia è in fisica uguale alla variazione della quantità di moto, dove la quantità di moto è data dalla massa per la velocità. In un arco corto pertanto, i flettenti hanno teoricamente minore massa di quelli di un arco lungo e risultano di conseguenza più veloci. Inoltre se ad esempio sottoponiamo a flessione una assicella di legno spessa quattro millimetri e lunga un metro, otterremo un debole ritorno elastico a seguito di una debole forza esercitata. Accorciando l’assicella e sottoponendola alla medesima flessione, si otterrà un aumento del ritorno elastico corrispondente ad un aumento della forza esercitata. Quindi un arco corto aumenta teoricamente anche la forza necessaria a flettere i materiali che lo compongono. Ma occorre aggiungere che l’arco corto se costruito di solo legno, per non rompersi dovrà essere teso ad un allungo inferiore, immagazzinando minore energia cinetica e risultando di conseguenza meno veloce. Pertanto solo i corti archi ricurvi compositi, grazie alla superiore resistenza dei materiali impiegati, possono effettivamente essere più veloci in finzione della ridotta lunghezza dei flettenti.

Sopra: a sinistra un arco a sezione stretta e spessa.
Sulla destra un arco a sezione di flettente piatta. Sono mostrati di profilo (A) e di fronte (B)



Bilanciamento dei flettenti e individuazione dei punti di errata flessione



SEZIONI


La potenza di un arco che si traduce in energia cinetica si ottiene come abbiamo visto, tendendo maggiormente la corda. Ma tale potenza è anche in funzione della forza che i materiali oppongono alla trazione. Flettendo la solita assicella di legno spessa quattro millimetri e lunga un metro, essa opporrà una forza inferiore rispetto a quella che opporrebbe se fosse spessa otto millimetri. Ecco introdurre un altro importante aspetto nelle tipologie degli archi: il problema della sezione. Una volta infatti ottenuto un arco diritto o ricurvo, semplice o composto che si tende al massimo allungo senza rompersi in funzione della lunghezza, si ha la necessità di averlo più potente in modo che sviluppi maggiore velocità e maggiore forza di penetrazione. Questa potenza è in rapporto alla quantità di materiale, ovvero alla sua sezione.si cerca pertanto di ottenere un arco più potente utilizzando maggiore << materiale >>, che opponga quindi maggiore resistenza alla trazione, ma al tempo stesso che sia in equilibrio dimensionale perché non si rompa.



La maggiore potenza legata alla maggiore qualità di materiale è rappresentata da due forme di arco, il longbow ed il flatbow che usano due tipi diversi di sezioni. Nel primo si ha la cosiddetta sezione a “D”. Nel longbow, superato il problema della rottura del materiale in rapporto all’allungo con una sufficiente lunghezza dimensionale, si è risolto il problema della potenza aggiungendo spessore alla sezione. La sezione a “D” infatti ha una notevole quantità di legno che si oppone alla compressione dell’arco. Il legno si flette e ritorna in posizione tanto più velocemente e tanto più potentemente, quanto maggiore è lo sforzo che ha dovuto sopportare in rapporto alla sua sezione e naturalmente compatibilmente con le sue caratteristiche di resistenza meccanica.

Ma purtroppo sono pochi i legni in grado di sopportare tale sforzo, solo il legno di Tasso garantisce la sopportazione di questa sollecitazione, prova ne sia, che gli arcieri inglesi lo adottarono al 100% con la classica sezione a “D”. Usando questa sezione a “D”, con legni che non siano resistenti come il tasso,si preannunciano delle increspature sul ventre dell’arco, trasformandosi poi in vere e proprie microfratture, dette in inglese chrysals.questa sezione ha perciò un grosso limite, rappresentato dall’unicità del materiale di costruzione in grado di sopportarla, inoltre è comunque un tipo di sezione che sottopone anche i legni più duri ad un incredibile stress, come inevitabile decadenza della durata e delle prestazioni di tali archi. Risulta pertanto più opportuno usare una “sezione schiacciata”, in modo che la risultante della forza in compressione sia minore.


Rispetto dei nodi e di un unico anno di crescita.

Ma se riduciamo lo spessore del flettente, ci ritroveremo al punto di partenza, poiché l’arco sarà con- seguentemente più debole in funzione della minore quantità di materiale sollecitato. La soluzione sta allora nell’ usare una “sezione piatta e larga”. In questo modo il legno sopporta bene gli sforzi e l’arco diventa potente in funzione alla maggiore quantità di materiale usato. Questo tipo di sezione inoltre non solo risulta la più efficace nell’ambito di tutti gli archi primitivi diritti, ricurvi, semplici o compositi ma è anche comunemente utilizzata nella produzione industriale dei moderni archi in fibra di vetro o nei compound.













Bibliografia :
disegni tratti da: L'arco di Baleison, Enrico Ascani
L’arco e gli arcieri , A.Cenni / Archi in legno, R.Rillo / Archi e frecce, J. Hamm










Layout e Grafica ©Mimina di Sagitta Barbarica-Biturigi